Analisi tecnica: Abbiamo sempre vissuto nel castello di Shirley Jackson
Sei alla ricerca di un bel romanzo da leggere per apprendere qualche nuova tecnica narrativa? Bene, ho quello che fa per te. Oggi voglio parlarti di un romanzo breve, talmente ben scritto da avermi inquietato parecchio durante la lettura. Ammetto di averlo dovuto rileggere per estraniarmi e annotare una serie di consigli tecnici di cui ti parlerò tra poco. Sto parlando di Abbiamo sempre vissuto nel castello di Shirley Jackson.
Questo articolo rientra nella rubrica Cosa mi consigli di leggere per, che ha uno scopo ben preciso:
Aiutarti a leggere un romanzo oltre le parole scritte per riuscire a comprendere le tecniche e logiche narrative che si celano dietro le storie più emozionanti.
Acquisire questi strumenti di lettura critica, sul piano pratico, ti permette di migliorare il tuo metodo di progettazione narrativa e di apprendere nuove tecniche di scrittura da applicare all’interno dei tuoi romanzi, evitando l’improvvisazione e la scrittura di getto.
Solo così hai delle possibilità di diventare uno scrittore o una scrittrice di professione.
Abbiamo sempre vissuto nel castello è il primo romanzo dell’autrice che leggo.
Shirley Jackson l’ho conosciuta grazie alla citazione indiretta di Stephen King, autore che adoro e che la nomina nella dedica a L’incendiaria:
«A Shirley Jackson, che non ha mai avuto bisogno di alzare la voce.»
La narratrice di questa storia è Mary Katherine Blackwood (affettuosamente contratto in Merricat nel romanzo), una giovane ragazza che vive in una dimora signorile alle porte di un piccolo villaggio assieme alla sorella Constance e allo zio invalido Julian, rimasto in sedia a rotelle dopo l’Incidente.
Non a caso ho scritto Incidente con la I maiuscola, perché sei anni prima rispetto all’inizio della storia (quasi) tutta la famiglia muore avvelenata al tavolo da pranzo.
Nonostante l’immane tragedia, di cui non è stato individuato nessun responsabile preciso, le due sorelle e lo zio sopravvissuto continuano a convivere nel castello di famiglia.
Perché leggere questo romanzo
Questo è un romanzo da leggere per almeno quattro motivi:
Il narratore
Merricat è il prototipo della narratrice inaffidabile. In gergo tecnico si definisce tale la narratrice — o il narratore — che stravolge la verità e la plasma a suo uso e consumo, spesso perché ha qualcosa da nascondere al lettore.
Tutto ciò che viene raccontato al lettore, filtrato dallo sguardo di Merricat, è quindi da sezionare e interpretare, perché dietro ogni comportamento, parola e azione si celano le vere motivazioni che trascinano la trama della storia.
Non è così semplice trovare un ottimo romanzo con questa tipologia di narratore. Quindi anche se non ti piace il genere, dai una possibilità alla storia per studiare modalità e opportunità di una scelta tecnica simile.
Il tema e il messaggio
Il metodo migliore per raccontare il Male insito nella natura umana è inserirlo in un contesto di accecante normalità.
Merricat esce dal castello due volte alla settimana per andare a fare la spesa e si mescola agli altri cittadini, che maledice in silenzio per la loro cattiveria e ostilità; mentre Constance si prende cura amorevolmente dello zio invalido e della sorella minore, cucinando e coltivando le verdure dell’orto.
La storia si dipana quindi in un’atmosfera domestica che sembra non celare alcuna nota stonata. Ma su tutto aleggia una nota di angoscia e di imminente pericolo, di sospetto, che ammanta ogni azione.
L’incipit
A dare il via alla storia non è l’incidente scatenante — la morte di un’intera famiglia — accaduto ormai anni prima. Abbiamo sempre vissuto nel castello è la classica storia — in realtà difficile da scovare e studiare — che si apre con un dramma primo con reazione.
La morte della famiglia provoca una serie di sconvolgimenti fino all’instaurarsi di una piatta quotidianità, fatta di gesti precisi e simbolici.
Tutto questo fino all’arrivo di un lontano cugino, che romperà per sempre gli equilibri faticosamente costruiti. Per cui una scelta non convenzionale, gestita con grande abilità.
Se hai problemi a scrivere l’incipit del tuo romanzo, leggi la mia guida pratica.
La caratterizzazione dei personaggi
Nonostante sia Merricat a narrare la storia, emerge in tutta la sua prepotenza, con dialoghi scritti in modo magistrale, la personalità di ogni personaggio, e si riescono a percepire i demoni interni che si agitano sotto la patina di normalità, così abilmente costruita dall’autrice.
Non sempre dunque una storia narrata alla prima persona diventa un limite per caratterizzare gli altri personaggi che si intersecano al punto di vista del personaggio-narratore.
Il romanzo si inserisce nel genere horror, ed è davvero una lettura “sottovoce” di una serie di fatti così inquietanti da impaurire più di una scena di omicidio narrata in diretta.
Quello che traspare, le mezze verità, i dettagli celati, sono molto più coinvolgenti di una narrazione svelata e palese.
I contrasti tra la felicità presente di due sorelle che si amano e vivono nella stessa dimora dove tutto il resto della famiglia ha trovato la morte per avvelenamento, e un passato intriso dalla violenza di un’azione così malvagia, rendono l’esperienza di lettura di questa storia altamente significativa.
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Ti auguro di raggiungere il successo letterario che meriti,
Stefania Crepaldi è editor freelance e autrice. Co-fondatrice dell’agenzia editoriale Editor Romanzi e della scuola online di scrittura e di editoria, LabScrittore. Ha scritto il libro Lezioni di narrativa. Regole e tecniche per scrivere un romanzo (Dino Audino Editore). Ha creato la serie di Fortunata, tanatoesteta. Scrive romanzi per Salani Editore.