Carlo Animato, Vincitore Io Scrittore 2015 – Intervista Tecnica
Ho conosciuto Carlo Animato la prima volta mesi fa, quando ho letto il suo bellissimo romanzo storico d’esordio. Un romanzo intelligente, colto. Quando ci siamo conosciuti di persona, ho capito quanta ironia e intelligenza fossero presenti anche nello scrittore. Ho deciso di chiedere un’intervista a Carlo per due motivi: ha vinto il torneo letterario Io Scrittore; è un uomo di una sincerità e onestà disarmante, che racconta le cose esattamente come stanno.
Carlo, nel 2015 tu sei stato il vincitore del torneo letterario Io Scrittore organizzato dal gruppo editoriale Mauri Spagnol. Come mai hai deciso di partecipare a questo concorso per esordienti? Com’è stata l’esperienza durante la selezione? Hai dei consigli da dare a chi desidera partecipare al torneo letterario Io Scrittore?
Nel millennio scorso, in coppia con una coautrice, avevo già pubblicato alcuni saggi e romanzi con editori di un certo rilievo, e traduzioni all’estero, ma dopo qualche anno era come se questo background non mi venisse più riconosciuto. Anzi il non essere né un giovane talento né un novizio sembrava rappresentare un’aggravante per gli editor interni alle case editrici a cui mi ero rivolto.
Io non sono mai stato bravo negli affari e ritengo che un autore si debba occupare della parte creativa, così quando scrissi questo romanzo nuovo, sei anni fa, dopo aver penato nel contattare di persona le redazioni, scelsi un agente letterario che mi aiutasse per questa parte chiamiamola “mercantile”. Ma per due anni quell’agenzia è stata per me inesistente, e i risultati non sono arrivati.
Quindi mi rimanevano due opzioni: il suicidio, in termini autoriali intendo, abbandonando di fatto ogni speranza e velleità; oppure l’iscrizione a uno dei numerosi concorsi per inediti che ingentiliscono la penisola letteraria. Scelsi la seconda e scelsi il torneo della GeMS, come ultima risorsa.
Il torneo prevede che gli stessi autori leggano e giudichino dieci fra le altre opere in concorso, il che se da un lato pare una perfetta dimostrazione di democrazia applicata, dall’altro – visto che gli esordienti sono umani, con tutti i loro limiti e paure – in alcuni fa emergere preoccupanti tare caratteriali, ostilità e ritorsioni nel giudicare i diretti concorrenti al ribasso, e mostra un’ignoranza generalizzata che si rispecchia nella bizzarria e nella malafede di certi giudizi.
Ad esempio, nel caso del mio romanzo storico, ricordo che un giudice mi accusava di usare un linguaggio troppo moderno e un altro di scrivere in una lingua arcaica; un terzo si complimentava della ricostruzione storica, un quarto mi accusava di non conoscere il secolo che trattavo, pur ammettendo di esserne all’oscuro lui, e via di questo passo…
Alla fine bisogna essere capaci di separare il grano dalla zizzania, soffermarsi sui giudizi più equilibrati, spassionati e onesti, e cogliere i suggerimenti per sistemare le lacune e le carenze segnalate dai lettori fededegni.
Questa è la quintessenza, questa la specificità del torneo Io Scrittore; questo ciò per cui vale la pena di affrontare la sfida.
Quindi il consiglio è: partecipate alla competizione con convinzione ma senza ansie eccessive. In fondo si tratta di saggiare il vostro romanzo al fuoco incandescente di questo crogiolo letterario, in cui bruciano al contempo le fiamme purificatrici e utili dei lettori più accorti e sensibili, accanto ai fuochi fatui di chi non sa né leggere né scrivere né suggerire migliorie, ma soltanto stroncare senza costrutto. Però, se ci pensiamo, questo è in generale l’ossimoro che regge la nostra vita, e Io Scrittore, come dice la pubblicità degli yogurt, ha la vita dentro.
Il tuo romanzo storico, Il falsario di reliquie è ambientato a Berna a inizio Cinquecento. Ogni romanzo storico necessita di un’accurata documentazione prima della stesura, che impreziosisca la storia e ne caratterizzi il contesto. Tu come ti sei documentato? Perché hai scelto proprio Berna? Come hai gestito le descrizioni della città, davvero accurate, senza mai sfociare nell’infodump?
Quando mi sono imbattuto in questa vicenda realmente accaduta di falsari e reliquie, monaci in guerra teologica e fantasmi e notturne apparizioni della Madonna, ho ritenuto che fosse una storia meritevole di esser raccontata. Una storia avvincente sugli effetti collaterali della religione e il bizzarro contrasto fra apparenza e verità.
Ora, essendo un fatto autentico e legato a riferimenti precisi nello spazio e nel tempo e nella mentalità, non potevo trasferirlo altrove. Accaduto a Berna nel 1507, lì doveva restare, anche nella sua trasposizione narrativa.
Così mi son messo a cercare fonti e testi coevi non solo sui fatti ma anche sulla vita quotidiana della cittadina, sulla narrativa del periodo e sui tratti distintivi del tempo, tutto materiale in tedesco, lingua che ignoro pressoché totalmente. Puoi immaginare che questo ha complicato il tutto almeno nella fase iniziale, ma ottenute le traduzioni e familiarizzato con l’ambiente, mi son potuto dedicare alla storia vera e propria.
Per le descrizioni cittadine son andato a pescare mappe, cartine e guide del tempo; mentre per quel che riguarda i pericoli dell’infodump, esistono trucchetti e accorgimenti per non caderci dentro ed essere ridicoli. Ad esempio, basta tenere sempre a mente che la gente, quando parla, deve essere spontanea e il narratore discreto.
Non puoi mai usare gli uni per veicolare banalmente notizie storico-geografico-politiche; né l’altro può prevaricare il lettore con un eccesso di informazioni per mostrare quanto sia preparato e bravo.
Il tuo romanzo ha una struttura molto particolare. Hai infatti deciso di scrivere capitoli molto brevi, a volte lunghi poco più di una facciata. Come mai questa scelta? C’è stato un preciso intento di base?
Qualcuno, per la loro brevità, li ha detti capitoli da fermata della metro o del bus, e la definizione rende bene l’idea della loro calcolata brevità. Il fatto è che ho immaginato la struttura e lo sviluppo del Falsario con un taglio narrativo cinematografico, fatto di stacchi rapidi tra scena e scena e da ambiente ad ambiente.
Un racconto in cui, per caratterizzare meglio i personaggi, ho preferito dare più spazio ai dialoghi che alle descrizioni.
Senza disturbare la narrazione, questo ritmo – chiamiamolo sincopato – ci permette di seguire e confrontare quel che accade contemporaneamente a tutti i protagonisti, impegnati nell’arco di una sola settimana, quella di Pentecoste.
Il tuo romanzo è popolato da molti personaggi, tutti ottimamente caratterizzati. Hai lavorato ai personaggi prima o durante la stesura del romanzo?
Nel Falsario ci sono personaggi realmente esistiti, anzi storicamente verificabili, e comprimari inventati di sana pianta.
Dei primi ho rispettato l’essenza, dopo averne studiato a fondo i documenti e le testimonianze che ho trovato in archivi e biblioteche.
Ai secondi ho donato l’estro e la fantasia che il plot narrativo mi richiedeva, plasmandoli sulla mia immaginativa. Un’immaginativa comunque verosimile, in quanto alimentata dalle letture di testi coevi alla storia raccontata.
Sai che io sono una editor di romanzi freelance e che, con queste interviste ad alcuni autori che hanno iniziato il lungo cammino editoriale, desidero aiutare gli aspiranti scrittori che non ce l’hanno ancora fatta. Secondo te quali sono tre consigli fondamentali da dare a chi desidera provare a vivere di scrittura?
Con la scarsità di lettori attuale, è un’utopia pensare di vivere di sola scrittura (in Italia saranno una dozzina, a esser di manica larga…).
Ciò detto, una passione non è mai stata castrata dalla logica e dal pessimismo, quindi se mi chiedi cosa suggerire ai novizi, dico loro: salvaguardate sempre il dio che è dentro di voi, quella forza potente e misteriosa che coinvolge e travolge; quello stato d’animo numinoso che permette e promette la realizzazione del sogno, che forse vi rende degli invasati agli occhi del mondo, ma che vi fa vivi e determinati. In una sola parola, che poi è un bellissimo termine proveniente dal greco, coltivate sempre il vostro “entusiasmo”.
Quindi l’unico consiglio che mi sento di dare è quello di raccontare storie che ci piacciono, di scrivere sempre ciò che conosciamo bene (ovvero di documentarci e di lavorare senza sciatteria) e di riversare nella scrittura tutto l’amore, il rispetto, la cura e l’emozione che rivolgeremmo a un figlio o alla nostra compagna di vita.
Sei uno scrittore che usa la progettazione narrativa o ti affidi all’istinto?
Poiché mi occupo di storie antiche, l’istinto mi aiuta a scegliere eventi del passato bizzarri o curiosi, anche minimi; a dipanare notizie d’archivio colte dentro testi dimenticati; a mettere assieme pezzi di vicende e figure dimenticati o misconosciuti; a collegare circostanze e a viaggiare tra l’ieri e l’oggi.
Individuata una storia accattivante, accumulate informazioni e fonti utili e disparate, il progetto può partire buttando giù una cornice in cui calare uomini e fatti. Ma soltanto dopo aver imparato a vivere, pensare, mangiare, amare e odiare, ragionare e sragionare, parlare e sentire alla maniera del secolo e del paese in cui avviene ciò che deve avvenire.
Spogliatomi di ciò che sono oggi, napoletano del terzo millennio, quando mi sento perfettamente uomo di quel tempo e di quel luogo, allora sì che posso finalmente cominciare a raccontare e descrivere. Il parto può finalmente avere inizio!
Il tuo romanzo è stato rivisto da qualcuno di fiducia prima di essere iscritto al concorso?
L’avevo inviato a un editor prestigioso, abile scrittore di storici e direttore di collane, un vero e proprio mammasantissima dell’editoria italiana, molto apprezzato e sapiente.
C’è stato un primo contatto affabile e chiarificatore, in cui mi specificava prezzi e servizi, ma dopo aver dato una prima scorsa al testo precisava che secondo lui io non avevo bisogno di un editor ma solo di un editore.
Per la stima che nutro verso questo professionista ho insistito affinché prendesse in carico il romanzo e lì deve essere accaduto qualcosa di misterioso, che non solo gli ha fatto quintuplicare il prezzo originario dell’editing a cartella, ma gli ha suggerito di mandarmi una mail sbrigativa e scortese, per segnalarmi le mie incapacità narrative. Una mail zeppa di “appunti infastiditi” ricavati da un editing effettuato sulle prime pagine del testo.
Infastiditi perché, nonostante mi sforzassi di comprenderne la ratio, alcuni erano proprio impropri, di chi eccede con la matita rossa e blu subissandoti di contestazioni discutibili, pur di farti demordere. E io infatti demorsi!
Oggi ho un agente e l’editor della casa editrice che provvedono con garbo, misura e criterio a esaminare ciò che scrivo, ma sin dalla stesura del Falsario, la persona di fiducia che mi consiglia, discute e demolisce, mi esorta, aiuta e sostiene (e di cui mi fido ciecamente perché ha talento e intuizione), è la mia musa e compagna, Silvana Oliva.
Adesso che hai raggiunto un primo obiettivo, e hai vinto un concorso prestigioso e la pubblicazione con la casa editrice TEA, secondo te la pubblicazione è la meta finale o una base di partenza su cui costruire una futura carriera?
Non mi sento uno scrittore, ma un contastorie, un epigono degli antichi paradossologi greci che mette al bando la noia, perennemente affascinato dal sorprendente, dal curioso e dal bizzarro.
Ora questa precisazione è fondamentale, perché non ho mai davvero immaginato per me una carriera da autore.
Mi piace piuttosto raccontare storie singolari, riesumandole dal passato come farebbe un medium, un archeologo o un becchino; e farlo rispettando lingua, vocabolario e grammatica: un impegno che in tempi barbari come i nostri potrebbe sembrare un’impresa a perdere, e invece…
Alla fine, comunque, in campo narrativo sono e resterò un dilettante, nel senso pieno e preciso di questa nobilissima parola…
Siamo giunti alla fine. Ti ricordo che, se vuoi ricevere altri consigli di scrittura, puoi iscriverti alla mia newsletter. Ogni sabato ti invierò tutti gli aggiornamenti della settimana.
Ti auguro di raggiungere il successo letterario che meriti,
Stefania
Stefania Crepaldi è editor freelance e autrice. Co-fondatrice dell’agenzia editoriale Editor Romanzi e della scuola online di scrittura e di editoria, LabScrittore. Ha scritto il libro Lezioni di narrativa. Regole e tecniche per scrivere un romanzo (Dino Audino Editore). Ha creato la serie di Fortunata, tanatoesteta. Scrive romanzi per Salani Editore.